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ATS

06-04 2011

Visita guidata a Tharros, città fenicio-punica

 

Il gruppo dopo aver visto le meraviglie dell’area archeologica di Paulilatino si reca nel pomeriggio a Tharros, nell'estrema propaggine della penisola del Sinis, che termina a sud con il promontorio di Capo S.Marco

L'area conserva numerose testimonianze del periodo nuragico, tra cui due nuraghi e il villaggio sulla collina di Muru Mannu, ma la fondazione della città è avvenuta ad opera dei fenici, attorno alla fine dell'VIII secolo a.C. L’anonimo ravennate, Giorgio ciprio , Pseudo Probo e Sallustio sono alcuni autori antichi che menzionano Tharros.

Il nome della città  Tharros è attestato da fonti epigrafiche e classiche. Per il nome fenicio (ancora sconosciuto), si può solo ricostruire la radice mediterranea tarr.

Dell'epoca fenicia non resta praticamente nulla nei ruderi del centro urbano, le più antiche testimonianze provengono infatti dalle due necropoli ad incinerazione risalenti alla metà circa del VII sec.a.C. e dal più antico strato di frequentazione del Santuario Tofet.

Le due necropoli sorgevano una nei pressi del promontorio di Capo S.Marco, l'altra vicino all'attuale spiaggia di S.Giovanni; la loro distanza, trattandosi di due necropoli in uso contemporaneamente, ha fatto pensare all'originaria presenza di due distinti insediamenti che si sarebbero in seguito fusi, come testimonierebbe anche la forma plurale dello stesso toponimo Tharros.

Ma si può dire che Tharros ricevette una vera e propria organizzazione urbanistica con i Cartaginesi, nel VI sec. a.C.. A quest'epoca infatti risalgono il rafforzamento delle mura settentrionali, l'apertura di camere ipogeiche nelle necropoli meridionale e settentrionale, il tentativo di  fornire al centro un aspetto di particolare monumentalità, attraverso  le stele, i cippi e gli altari del tofet e l'erezione del famoso tempio monumentale.

Nel periodo punico, che cominciò con la conquista cartaginese nella seconda metà del VI sec.a.C. e si concluse con quella romana nel 238 a.C., Tharros raggiunse un notevole sviluppo urbano e importanza politica testimoniati anche dalla notevole ricchezza dei corredi rinvenuti nelle tombe a camera risalenti a quest'epoca, i cui gioielli d'oro alimentarono una riprovevole caccia al tesoro che distrusse numerose tombe e testimonianze.

 

Nell'area urbana attualmente visitabile il maggior monumento visibile risalente a quest'epoca è il Tempio delle Semicolonne Doriche, parzialmente intagliato nella roccia e decorato da semicolonne scolpite in rilievo.

Nel periodo compreso tra la fine del VI secolo e il 238 a.C., anno della conquista romana dell’isola, vengono costruiti numerosi edifici che ancora in parte si conservano sotto quelli di età successiva.

A partire dalla conquista romana dell’isola, avvenuta nel 238 a.C., si avvia quel processo di profondo cambiamento, raggiungendo il massimo splendore nel III sec.d.C. circa, periodo al quale risalgono i più monumentali edifici pubblici.

I Romani, che si insediarono nel III sec.a.C., non rivoluzionarono l'assetto urbano della città, ma rispettarono l'impostazione precedente integrando i propri edifici nei preesistenti quartieri pubblici e privati, come accadde per le terme.

L'assetto urbanistico di Tharros ricalca i tratti peculiari urbani di tutte le città puniche,
con un asse stradale portante che divide due quartieri: quello abitativo (sul versante occidentale) e quello degli edifici pubblici (disposto a oriente, sul Golfo di Oristano).

Ad età repubblicana viene attribuita la risistemazione delle fortificazioni di Murru Mannu.

Tharros ricevette il titolo di municipio o colonia solo in epoca imperiale, ma, resistendo ai saccheggi dei Vandali, conobbe anche la frequentazione cristiana a partire dal VI sec. d.C.

È tuttavia in età imperiale che la città subisce i maggiori cambiamenti. Viene effettuata una imponente risistemazione urbanistica con l’organizzazione di un settore della città, quello sul colle di Murru Mannu, con la risistemazione del sistema viario e conseguentemente dei quartieri abitativi.

Attorno al II secolo d.C. le strade vengono dotate di una pavimentazione in basalto, prevedendo inoltre un sistema fognario molto articolato che garantisce lo smaltimento delle acque bianche.

Ancora ad età imperiale deve attribuirsi l’acquedotto, i cui resti sono in parte visibili lungo la strada moderna che conduce agli scavi.

Per quanto riguarda le aree funerarie, esse appaiono più ampie e più estese rispetto al periodo precedente.

Le necropoli puniche di Capo San Marco e di San Giovanni vengono ancora frequentate, soprattutto nei primi secoli della conquista romana, ma si assiste ad una espansione delle stesse, nel primo caso invadendo tutto l’istmo fino al colle di S. Giovanni, nel secondo spostandosi verso l’interno, con importanti attestazioni anche nell’area in cui in età bizantina sorgerà la chiesa di San Giovanni Battista.

Raggiungendo il settore centrale degli scavi, si incontrano case punico-romane, tabernae (botteghe) e il tempio punico delle semicolonne (IV-II sec.a.C.) che è un esempio unico nel suo genere; era dotato di cisterna per l'acqua e costituito da un sacello e un'edicola (scomparsa); con materiale di spoglio vi si sovrappose successivamente un tempio romano (età tardorepubblicana).

Presso il mare si trovano le terme I (II sec.d.C.) o piccole terme, in parte trasformate in chiesa cristiana nei secoli successivi.

Oltre le cisterne diventate nell'alto medioevo aree cimiteriali si trova il bel battistero precristiano (VI sec.),di cui si nota la fonte esagonale,in basalto.

Costeggiando la riva del mare superando due colonne con capitelli di età augustea ed una bella piazza lastricata di trachite, troviamo le terme II o grandi terme, le più importanti della città, riutilizzate come cimitero in età medioevale; erette sotto l'imperatore Settimio Severo, constano di apodyterium (spogliatoio), un vasto frigidarium con una piscina rettangolare e una semicircolare, un tepidarium e tre calidaria.

Poco più distante delle terme si trova il piccolo tempio detto delle iscrizioni puniche (sorto nel III sec.a.C.,fu modificato in età romana imperiale), dove era custodito un cospicuo tesoro sacro.

Tra essi sono da ricordare i due edifici termali, entrambi situati a ridosso del mare: le cosiddette terme n.1, nelle quali fu in seguito impiantato il battistero paleocristiano, di cui ancora oggi si può vedere il fonte battesimale, e le terme dette di Convento Vecchio, più monumentali delle precedenti.

Camminando lungo i maggiori assi viari della città romana, il Cardo Massimo e il Decumano Massimo, molto ben conservati, è inoltre possibile vedere le antiche botteghe e le case che popolavano la città nel pieno del suo sviluppo.

Si prende poi la strada romana con tipico basolato di basalto, affiancata da resti d edifici, percorsa la strada si svolta a sinistra per ( il cardo maximus ) a nord,sulla collina di Muru Mannu, e presente un tempio,forse dedicato a Demetra, fondato in età punica,ma fu trasformato in età romana con molti vani secondari,si giunge all’anfiteatro, una struttura circolare tardo-romana circondata da una cavea di metri circa 32 x 30 e al tofet(zona d sacrificio x avere protezioni dalle divinita) con i resti del villaggio nuragico, poi si raggiungono le fortificazioni settentrionali che mostrano una fase punica ed una fase romana repubblicana.

La città di Tharros fu abbandonata definitivamente attorno all'anno mille, dopo vari secoli di declino, perchè troppo esposta agli attacchi pirateschi.

In età paleocristiana e altomedievale le principali strutture romane subiscono delle modifiche, alcune terme vengono trasformate in edificio basilicale, che da alcuni viene considerato sede episcopale, altre cambiano d’uso, come la presenza di sepolture di età bizantina fa ipotizzare. Il continuo spoglio delle strutture antiche, perpetrato per secoli, ha notevolmente pregiudicato la ricostruzione di questa fase tarda della storia del centro. Sappiamo di una lenta decadenza, dovuta anche alle incursioni dei Saraceni, e di un progressivo spopolamento, sebbene la sede episcopale sia rimasta ancora a lungo nella città. È solo nell’XI secolo, precisamente nel 1071, che la sede episcopale viene trasferita a Oristano, decretando, o meglio prendendo atto, della fine del centro antico.

 

 

 

 

 

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